La macellazione è parte integrante della caccia, ma è allo stesso tempo un’abilità distinta e aggiuntiva che richiede molti anni per padroneggiarla. Diamo uno sguardo ad essa col contributo di tre macellai professionisti: Mark Stobbs, Matt Roberts e Tom Davies, tutti di nazionalità britannica.
Se vi sono persone che rappresentano la filosofia del ‘dalla foresta alla tavola’, Mark Stobbs, Matt Roberts e Tom Davies sono sicuramente fra di esse: cacciatori, gestori della popolazione di cervi, macellai e Ambassador Pulsar britannici. Essendo responsabili dell’intero processo, dall’abbattimento all’imballaggio, gestiscono ogni passaggio con la massima cura.
Il primo di questi è scegliere l’animale giusto e pensare a dove piazzare il tiro. Matt entra più in dettaglio: “Colpire un animale e massimizzare la quantità di carne che si otterrà richiede un buon posizionamento del tiro, con una scelta adeguata della testa del proiettile. Il posizionamento del tiro deve considerare le parti vitali, ma colpire la spalla oppure – quando l’animale è in posizione a tre quarti rispetto al cacciatore – il petto, può causare molte abrasioni, la frammentazione del proiettile e dell’osso e una potenziale contaminazione. La mia preferenza è per un tiro alla testa o alla parte superiore del collo. Per sparare al petto voglio un classico tiro al fianco dell’animale, infilando il proiettile a livello mediano e appena dietro la spalla (tra la quarta e la quinta costola possibilmente).
Per quanto riguarda la carne, la stagione può condizionarne significativamente la qualità, soprattutto nei maschi. L’esempio più evidente è il cervo nel periodo dell’accoppiamento, che può sembrare impressionante come trofeo, ma duro e forte come sapore; dunque se si desidera una bistecca al sangue o della carne alla griglia meglio pensarci due volte. Sia i maschi che le femmine possono essere feriti e con abrasioni, oppure con diversi fori che potrebbero pregiudicare alcune parti della carcassa”.
Una volta selezionato e abbattuto l’animale, è necessario controllarlo attentamente. “Quando colpisco la mia preda è importante eseguire i controlli fondamentali, per accertare l’eventuale presenza di segni di malattia o cattiva salute”, ci spiega Mark. Questo viene fatto “per assicurarsi che sia una carcassa sana quella che entra nella catena alimentare dell’uomo”, aggiunge il suo collega Tom.
Segue quindi il momento dell’eviscerazione. “Quando il test visivo conferma che l’animale è morto, lo dissanguo, lo scuoio immediatamente e taglio l’esofago”, spiega Matt. Successivamente la carcassa viene portata in un luogo adatto per la rimozione delle viscere, vicino al loro veicolo. Come sottolineato da Tom, questo passaggio deve essere “compiuto con grande cura per assicurarsi che non vi sia contaminazione. Ogni preda viene appesa a un verricello per un’eviscerazione senza contatto col terreno, in modo da avere il prodotto migliore e più pulito”. Matt aggiunge che “abbassare rapidamente la temperatura interna è importante per massimizzare il potenziale da un punto di vista alimentare”.
Poi è il momento di appendere la carcassa, e l’invecchiamento ha inizio. Come spiegato da Mark, il processo dura solitamente circa sette giorni, e “aiuta ad ammorbidire e rendere la carne più tenera, esaltandone inoltre il sapore”.
Infine si suddivide la carcassa per spedirla a ristoranti, negozi e privati. Avere questa carne è un’esperienza unica, non solo per il suo sapore ma anche per la completa tracciabilità. I cacciatori ci dicono che etichettano ogni animale per identificarne la provenienza, e possono facilmente descrivere tutto il processo seguito per ognuno di essi.
Naturalmente non potremmo definire sostenibile tutto questo se producesse molti scarti, e nel caso di questi cacciatori britannici sicuramente ciò non succede. Tom e Matt rivelano che solo lo stomaco resta inutilizzato, e molti clienti apprezzano le frattaglie tanto quanto altre parti dell’animale, mentre le ossa vengono bollite nel brodo oppure diventano una sorpresa per i cuccioli. E a proposito di quest’ultimi, quelli di Mark sono molto fortunati, visto che le frattaglie sono una parte importante della loro alimentazione. Per quanto concerne il mantello, può finire a qualcuno che produce articoli in pelle oppure, nel caso di Mark, a un imbalsamatore locale.
Mark Stobbs
Come abbiamo già menzionato, questi uomini sono anche esperti nella gestione della popolazione di cervi. Essendo anch’essi cacciatori, aiutano i proprietari terrieri locali ad assicurare che la popolazione di questi animali sia abbondante e sana.
“Alcune aree e alcuni proprietari hanno opinioni diverse sulla fauna selvatica nelle loro proprietà. Come parte della mia attività, fornisco ai proprietari un piano di gestione dei cervi per i loro terreni”, ci dice Tom, aggiungendo che non è solo una questione di quantità di cervi, ma anche della loro salute. A volte un numero inferiore significa cervi più forti e sani. Matt afferma che “è importante che la carne di cervo rimanga un effetto collaterale di una gestione responsabile della popolazione, e non il suo obiettivo. Nel momento in cui iniziassero a essere visti come banconote invece che come cervi, appenderò il fucile al chiodo. Abbattere un animale o meno non deve essere determinato da quanti ganci ci sono nella dispensa, ma dal piano di gestione del territorio”.
Mark confessa che la visione termica è diventata un grande strumento per questa attività. “Non solo mi consente di individuare più velocemente le prede, ma rileva anche potenziali pericoli che potrei trovarmi di fronte”, spiega il cacciatore. Naturalmente viene menzionata anche la capacità dei visori termici di vedere quel che è invisibile a occhio nudo, che sia dovuto al maltempo o alla flora che ostacola la vista. “La tecnologia termica rende più facile pianificare l’avvicinamento a una posizione dalla quale puoi effettuare un tiro con precisione e fiducia, e successivamente aiuta a localizzare l’animale. Un tiro ben piazzato e un rapido recupero della carcassa riducono lo stress sia per il cacciatore che per la preda, e alla fine si ottiene un prodotto migliore”, sostiene Matt.
Quali sono dunque i dispositivi termici preferiti dai professionisti? Helion sembra essere la risposta comune. Mark e Tom possiedono l’affidabile Helion 2 XP50 Pro, mentre Matt ha utilizzato Helion XQ38 negli ultimi sei anni, e “non gli è mai sfuggito nulla”. Matt e Tom hanno iniziato recentemente a usare anche Pulsar Merger LRF XP50, mentre Mark ha optato per il compatto Axion 2 XQ35 Pro.
Anche se magari viene a volte idealizzata, la macellazione non viene tipicamente vista come un lavoro ambito, dunque mi chiedo come queste persone abbiano abbracciato questa professione. Nel caso di Mark è un affare di famiglia; dopo aver aperto una macelleria nel 1972, suo nonno coinvolse nell’attività i suoi due figli, e ora è la volta di suo nipote Mark. “Quando ho terminato la scuola, ho iniziato il mio viaggio nel mondo della caccia, e tutto quel che catturavo veniva usato per il business familiare. In seguito ho iniziato una mia attività come fornitore di selvaggina per altri macellai e ristoranti del posto, rifornendoli di carne fresca e naturale di cervo, coniglio, piccione e altri uccelli. Il negozio è ora passato nelle mie mani, e sono orgoglioso di gestire l’attività di famiglia”.
La storia di Tom Davies è simile, e ne abbiamo fatto un video che potete vedere qui. Anche se è stato il primo a fare della macellazione un’attività, ha imparato l’arte da bambino “dedicandomi con mio padre alla lavorazione di tutti gli animali da mangiare”.
Per Matt invece è stato “un caso fortuito. Sin da giovane mi è piaciuto il passaggio diretto ‘dal campo alla forchetta’, e trasformare in cibo la preda che aveva richiesto tempo, fatica e abilità per essere catturata, mi è sempre apparsa la cosa più naturale al mondo. Ciò che è cambiata ora è la misura nella quale lo faccio…e la quantità di sonno che ho a disposizione”, conclude scherzando.
Non posso non chiedermi se questi cacciatori abbiano intenzione di trasmettere le loro conoscenze ai figli. Se la figlia di Tom è ancora troppo giovane per avere piacere in questo – non parliamo nemmeno di parteciparvi – Mark ha già iniziato col lavoro di base. “Ho sempre incoraggiato la mia famiglia a mangiare la selvaggina, essendo un prodotto naturale e sostenibile. Sapere che i miei familiari consumano un po’ di selvaggina mi rassicura sul fatto che la loro alimentazione sia sana e ben bilanciata”, afferma il cacciatore britannico.
Matt prende molto sul serio l’istruzione dei suoi figli in merito alle fonti di cibo. “È importante che carne e selvaggina divengano cose normali sin da una giovane età. Con i miei figli questo significa anche spennare i fagiani e aiutarmi a spellare e macellare i cervi. È essenziale che pensino alla selvaggina come a qualcosa di normale. Per me questo voleva dire sostituire quei cibi che i bambini solitamente mangiano con la selvaggina, ad esempio spaghetti alla bolognese con ragù di cervo o chili messicano. Produciamo anche salsa di cervo, polpette e hamburger di carne, KFP ((Kentucky fried pheasant) e crocchette di coniglio. Vista la situazione attuale nel mondo, col cibo confezionato e col modo in cui la carne è stata etichettata – con ignoranza – come dannosa per l’ambiente, ritengo che una buona istruzione sull’alimentazione sia salutare per i miei figli quasi quanto il cibo stesso”.
Salute ed equilibrio sembrano essere gli argomenti più importanti in questa conversazione. Che si tratti degli animali che queste persone gestiscono o la carne che mangiano, alla base di tutto c’è la volontà di assicurarsi la miglior qualità possibile, rimanendo al contempo umili e apprezzando i doni della natura.
Matt Roberts
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