Andreas B. Heide
Featuring:
Choco Agency
Fotografia:
Tord Karlsen; Barba.no; Arctic Whale project
Devo confessare di aver avuto un momento di esaltazione degno di un tifoso durante questa intervista. Ma potete biasimarmi? Il mio interlocutore, il capitano norvegese Andreas B. Heide, mi sta mostrando la sua imbarcazione “Barba” placidamente ancorata nel porto, appena fuori dalla finestra della sua abitazione, come se fosse un’automobile parcheggiata lungo un viale. È la stessa barca appena rientrata da una spedizione di quattro mesi denominata “Arctic Sense”. Il capitano e i biologi marini hanno trascorso questo periodo tra orche, orsi polari e trichechi, nel loro habitat naturale, sognando un giorno di nuotare con le balenottere azzurre… preferirei prepararmi anch’io alla prossima spedizione di “Barba” piuttosto che guardare il capitano riposarsi su un comodo divano a Stavanger dal monitor del mio computer, tuttavia la cosa importante è ascoltare i suoi racconti sulla bellezza del grande Nord, la fragilità della natura artica e le sue avventure, sia a bordo che a terra. È la storia della curiosità umana, del desiderio di esplorare l’ignoto e scoprire cosa c’è oltre quel che vediamo e comprendiamo.
È un grande sollievo essere di nuovo sulla terraferma ed avere la sensazione di aver raggiunto i propri obiettivi. È stata una missione lunga e ambiziosa, un totale di quattro mesi e cinque giorni sul mare percorrendo 5.000 miglia nautiche (9.000 km). È stata un’estate lunga e impegnativa, con tanto lavoro faticoso sulla nave. Sono stato l’unica persona a bordo per tutta la durata della spedizione, e avevo inoltre l’onere di essere il capitano di “Barba”. Quindi adesso è bello avere tempo per riposare sul divano!
Anche se, a dire il vero, nemmeno ora ho molto tempo per il riposo. Nel corso della giornata ci sono molti incontri e telefonate, a segnare l’inizio della fase informativa e di divulgazione del nostro viaggio. Vogliamo pubblicare un libro per bambini, un album e un documentario sulla spedizione “Il senso dell’artico”. Dunque si potrebbe dire che è un ritorno in ufficio! D’altronde un viaggio come questo richiede una lunga pianificazione, tanto che quest’ultima dura di più del viaggio stesso…
Andreas B. Heide
Credi che ci sia un legame tra la cosiddetta gente di mare e l’oceano? Come ti senti quando sei lontano dall’acqua per un lungo periodo?
Credo che nascendo e crescendo in riva all’oceano, e stando in barca sin dall’infanzia come nel mio caso, si cominci a sentirne la mancanza appena ci si allontana da esso. L’oceano diventa la tua anima gemella, per questo essere in mare è sempre una grande emozione per me. Forse perché trovo l’oceano molto più imprevedibile della vita sulla terraferma. C’è più vitalità, può cambiare in un attimo, essere calmo o in tempesta: porta con sé tanti scenari ed esperienze differenti.
Sei sempre stato un tipo avventuroso?
Probabilmente dovresti chiederlo a mia madre, ma sono certo che confermerebbe che sono sempre stato molto curioso su quel che c’è altrove. La curiosità determina l’avventura. Cerco di saperne di più sulle balene, di vedere orsi polari, di essere là fuori a raccontare le storie della natura.
Acquistare una barca è già un’avventura! Avevi un obiettivo preciso quando hai deciso di farlo?
Veramente no, ho comprato “Barba” perché mi piaceva l’idea di averne una ed essere completamente indipendente e autonomo. Come all’inizio della pandemia di Covid, quando potevo andare in barca e sentirmi libero. Per me il senso di libertà è importante. Col tempo ho acquisito sempre più esperienza di navigazione nei mari settentrionali, e ho utilizzato questa abilità per raccontare una storia ispirata da Jacques-Yves Cousteau e David Attenborough, i miei due eroi. Tra l’altro uno dei cineoperatori di Cousteau era in barca con me, mentre Sir David Attenborough era il narratore di un documentario di cui sono parte. Non l’ho mai incontrato di persona, ma è stato formidabile ascoltare la sua voce che narrava la mia storia.
Cos’è che ti affascina così tanto della natura?
Trovo la vita di tutti i giorni molto prevedibile. Vivendo in una società molto sicura, non ci vuole molto impegno per la sopravvivenza quotidiana. Naturalmente devi lavorare per vivere, e può essere stressante, ma non è nulla rispetto all’emozione di trovarsi nel mare in tempesta o di vedere una balena, o semplicemente di sentirsi parte della natura. Imprevedibilità, emozione, libertà: questo è ciò che mi affascina. La nostra anima ha bisogno di questo legame con la natura; è stato perfino dimostrato da studi scientifici. Ma è altrettanto importante imparare ad aver cura della natura. I paradossi della vita: le persone che conosco che più ne hanno cura sono i miei amici che vanno a caccia. Essendo un ambientalista, posso affermare che hanno il più profondo rispetto per la natura.
Sin dall’infanzia sono sempre stato molto incuriosito dalle balene, a partire dalle loro dimensioni. Molti amanti della natura hanno un legame emotivo con esse perché sono grandi, intelligenti e misteriose. Questo enorme animale trascorre la maggior parte del tempo in immersione, e cercare di capirne il motivo mi spinge a indossare la muta da subacqueo e tuffarmi nelle acque gelide dell’oceano, documentando la loro vita. È un gioco interessante dove non si deve soltanto comprendere la biologia dell’animale e sapere dove cercarlo, ma è necessario anche saper gestire l’imbarcazione come una piattaforma scientifica.
Quando sei immerso in acqua con un animale grande e intelligente come la balena, quanto tempo ci vuole prima che qualcosa che inizialmente spaventa diventi meraviglioso?
La prima volta che mi sono tuffato dalla barca ero piuttosto terrorizzato. Il solo pensiero di essere una piccola e impotente creatura che si trova in acqua assieme al più grande predatore del mare era già di per sé spaventoso, ma una volta passata la paura ed esserti calmato vieni sopraffatto da esperienze straordinarie.
Le orche sono molto calme sott’acqua. Arrivano all’improvviso, volteggiano con eleganza attorno a te e quindi spariscono di nuovo. Talvolta ci sono interazioni, una balena si avvicina – soprattutto quelle giovani – nuota in cerchio attorno a te e gioca. Oppure capita di osservare le balene che si nutrono, e lo puoi fare per ore; per loro sei solo un passante. È fantastico trovarsi in acqua circondato da animali che pesano sei tonnellate o più e osservare la loro vita misteriosa. Sapere che un capodoglio può immergersi alla profondità di 3000 metri e rimanerci per due ore sembra follia. Oppure che le orche possiedono un linguaggio che si traduce in suoni differenti, in maniera non dissimile dall’alfabeto umano. Ma se si prendesse un’orca in Norvegia e la si portasse negli Stati Uniti, essa non sarebbe in grado di comunicare con le specie locali a causa dei diversi “dialetti”. Questo dimostra il loro livello di intelligenza. Non ho ancora avuto l’opportunità di immergermi con le balenottere azzurre, ma un giorno succederà!
Sei appena tornato dalla tua seconda spedizione con “Barba”. Qual era l’obiettivo di “Senso dell’Artico”?
“Il senso dell’Artico” era un progetto scientifico e comunicativo con l’obiettivo di evidenziare le sfide che l’Artico sta affrontando. Queste includono il ritirarsi dei ghiacci a causa del riscaldamento globale, l’inquinamento delle acque e la riduzione dell’impatto dello sfruttamento della natura da parte dell’uomo, in continuo aumento. Per noi voleva dire prima di tutto accrescere la consapevolezza dell’Artico, aiutare gli scienziati a raccogliere dati e proporre storie positive in un’epoca nella quale c’è più bisogno che mai di qualcosa di positivo. Una di queste storie riguarda la balenottera azzurra, che era stata cacciata quasi fino all’estinzione. Attualmente questi animali mostrano una piccola ripresa, e a conferma di questo vicino alle isole Svalbard siamo riusciti a vederne dieci in una singola giornata, che corrisponderebbe all’1% della popolazione dell’Atlantico settentrionale. È un ottimo esempio di come la situazione possa cambiare, e lo stesso vale per il tricheco, che era quasi scomparso dalle Svalbard e adesso sta ritornando. Quasi tutti i Paesi devono affrontare simili sfide, quindi è importante sottolineare ogni piccolo successo.
Avete raggiunto gli obiettivi della spedizione?
Sicuramente abbiamo raggiunto gli obiettivi tecnici: navigare fino all’estremo nord, poi verso Londra e infine rientrare a Stavanger. Resta da vedere se la parte comunicativa otterrà il medesimo successo. È il passo successivo, e richiede molto tempo e impegno. Spero di ottenere i finanziamenti per un programma formativo che comprende la pubblicazione di un libro per bambini. Abbiamo molti progetti in corso, ed essendo perfezionisti puntiamo sempre più in alto.
Ogni cosa, dai tuoi racconti al modo in cui scegli le persone per documentare le spedizioni, trasmette un amore genuino per il nord, il freddo e la natura. Preferisci il freddo al caldo?
Ciò che mi piace del freddo sono le sfide che pone e il senso di isolamento che porta con sé. Se una balena si avvicinasse alle coste francesi, ad esempio, ci ritroveremmo con la guardia costiera, la polizia e tantissimi curiosi ad osservare. Al nord puoi trascorrere una giornata intera con le balene senza alcun disturbo o intromissione, per non citare poi la bellezza che ti circonda: le lastre di ghiaccio ricoperte di bianco e l’aurora boreale che danza in cielo…
Quando fa molto freddo, tutto diventa più rischioso, soprattutto quando sei su una barca nel mezzo dell’oceano. Devi indossare più vestiti, a volte le cime si congelano e devi gettare sopra dell’acqua calda per sciogliere il ghiaccio. Se nevica, non solo la barca si copre di neve, ma anche il tuo viso, e devi continuare la navigazione…Ed è molto pericoloso se cadi in acqua con una temperatura di 3 gradi. Quindi sì, l’isolamento e il freddo portano a conseguenze molto più gravi se si commettono errori. Il freddo non perdona molto.
Il mondo moderno ha due poli differenti: la natura incontaminata e fragile da una parte e le moderne tecnologie dall’altra. Pensi che questi mondi possano convivere? E con quali strumenti era equipaggiata la tua imbarcazione?
Non vedo problemi per la coesistenza di scienza e tecnologia con la natura. Abbiamo bisogno di ogni cosa per risolvere i problemi che ci troviamo di fronte. La chiave è come vengono utilizzate le innovazioni scientifiche. Ad esempio, una motosega è uno strumento magnifico se viene usata solamente in un modo sostenibile, come nel caso di un allevatore che taglia della legna per riscaldare la casa in inverno, ma la situazione è ben diversa se viene utilizzata per abbattere le foreste pluviali.
La nostra nave “Barba” è equipaggiata con molti strumenti altamente tecnologici, che ci permettono una maggiore libertà nell’interazione con la natura e una migliore comprensione dell’ambiente che ci circonda. Utilizziamo per esempio telefoni satellitari per scaricare le previsioni meteorologiche. Possiamo spostarci in una certa zona nel momento giusto, oppure arrampicarci sulla banchisa quando non c’è vento. Possiamo navigare nell’oceano quando il rischio è basso. Il radar ci consente di navigare in sicurezza con la nebbia e l’oscurità. Utilizziamo sonar, binocolo con stabilizzatore giroscopico e software di navigazione che ci tengono al sicuro da rocce e altri ostacoli. Grazie agli idrofoni ascoltiamo i suoni delle balene. I binocoli termici Pulsar Accolade 2 XP50 LRF Pro ci aiutano a vedere nell’oscurità, donandoci un formidabile sesto senso. In particolare li utilizzavamo nella ricerca di orsi polari sul ghiaccio: senza di essi sarebbe molto arduo individuare un orso bianco su una lastra di ghiaccio bianca.
Quando mi immergo porto con me uno scooter subacqueo, che è come una torpedine. I miei colleghi e i fotografi professionisti si avvalgono di fotocamere subacquee RED per la documentazione in alta qualità sulle balene.
Come scegli i membri dell’equipaggio? È una decisione pragmatica o segui l’istinto?
Solitamente si tratta di persone che sono a conoscenza delle spedizioni di “Barba” e che sanno che ho una certa abilità a trovare le orche e interagire con loro, e che desiderano prendere parte a un viaggio emozionante. A volte chiedo alle persone di venire a Stavanger per una settimana circa, durante la quale facciamo un piccolo viaggio in barca. È come una prova per vedere come sono, e se sono adatte per il progetto che vogliamo attuare. Devo confessare di aver commesso errori in passato nella scelta dell’equipaggio. Non mi piace essere in barca con qualcuno che non rispetta né la natura né i colleghi, e pensa troppo a sé stesso. Stare in barca è un grande impegno collettivo, dove preparare un pasto è importante quanto essere al timone dell’imbarcazione. Si possono aver ambizioni personali, ma bisogna avere consapevolezza degli altri membri dell’equipaggio e aiutarli.
Vorrei sempre riavere le stesse persone a bordo, dato che investo una grande quantità di tempo in esse, e più a lungo si lavora assieme, migliori sono i risultati che si ottengono. Inoltre queste persone conoscono già la nave e quel che bisogna aspettarsi durante una spedizione. C’è un grado minore di incertezza.
Si dice che si parta per un’avventura per scoprire qualcosa di nuovo oppure per scoprire qualcosa in sé stessi. Tu cosa cerchi?
Nel senso classico dell’avventura, credo che la maggior parte delle cose sia già stata scoperta, visto che l’uomo ha già raggiunto ogni angolo della Terra. Per quel che mi riguarda, partecipare a una spedizione significa soprattutto poter raccontare una storia. Questa è la sfida più stimolante, in quanto non c’è un limite alla bellezza o all’impatto emotivo che una storia o un documentario possono avere. Sappiamo già che ci sono le balenottere azzurre, non dobbiamo scoprirlo, ma mostrare la loro vita, interagire con loro e quindi raccontare tutto ciò è molto più interessante per me di ogni altra cosa. Ho già accennato a come sia emozionato all’idea, un giorno, di tuffarmi in acqua con le balenottere azzurre.
Parto per queste avventure anche per curiosità personale. Desidero vedere e capire di più. È una cosa che crea dipendenza. E devo ancora capire molto di me stesso; penso che sia un enigma contro il quale dovrò combattere per sempre, ma perlomeno comprendo come sia importante fare qualcosa che ti renda veramente felice. E avere un obiettivo: quando fai qualcosa non solo per te stesso ma anche per altri, la tua vita acquista un significato ben superiore.
Per ricapitolare le cose che hai detto, come esseri umani cosa possiamo fare per limitare i danni che sono già stati fatti? Avendo osservato da vicino la fragilità della natura, puoi affermare che ci sia qualcosa di positivo da raccontare?
La cosa positiva è che i problemi potrebbero essere risolti in pochi mesi, se non addirittura settimane, se ognuno di noi si assumesse la propria responsabilità per l’ambiente nel quale viviamo. Dobbiamo iniziare da noi stessi, riconoscendo che non siamo soltanto parte del problema, ma anche parte della soluzione, senza che sia necessario uno sforzo estremo.
È sufficiente ridurre il consumo, essere consapevoli di cosa compriamo, scegliere solo prodotti di alta qualità, riciclare e ridistribuire le cose che non ti servono più: qualcosa che non ha valore per te potrebbe averne molto per qualcun altro. E a volte semplicemente rifiutare ciò di cui non si ha realmente bisogno è la migliore soluzione. E col nostro voto alle elezioni aiutare chi sostiene iniziative a favore dell’ambiente. Se tutti facessimo questo, il mondo sarebbe un luogo decisamente migliore.
Prima di acquistare un dispositivo notturno o termico, assicuratevi di essere in regola con le normative locali e utilizzatelo solamente quando ciò è consentito. I nostri Ambassador provengono da diversi Paesi e viaggiano molto, avendo così la possibilità di testare diversi prodotti. In nessuna circostanza appoggiamo o promuoviamo l’utilizzo illegale dei nostri dispositivi. Se desiderate avere maggiori informazioni in merito alle restrizioni all’esportazione e alla vendita, visitate la pagina a questo link: Politica di restrizioni all’esportazione e alla vendita.